Ed ecco, l'evento
si compie. La grande corrente superficiale
atlantica, che ha portato i branchi
dallo_stretto_di_Gibilterra_a_Biserta,
in Tunisia, si biparte e uno dei rami
si piega verso le coste settentrionali
di Sicilia, donde rimonterà
lungo quelle sud-occidentali italiane.
E' un grande fiume nel mare profondo
circa m 60, con temperature intorno
ai l5°c, e nel suo seno nuotano,
gonfi di semi, i bei tonni.
Alla fine di maggio le Egadi si presentano
come luogo ideale per la procreazione:
l7-l8 gradi di temperatura a 20 metri
di protondità, salinità
superiore al 37 per mille.
La corrente sfiora Marettimo e la
costa nord-occidentale di Levanzo,
dove, giunta a Capo Grosso, devia
tra Levanzo e la costa di Trapani
girando intorno allo scoglio dei Porcelli.
E lì i tonni sono attesi dalle
« code » e dai «
codardi » delle tonnare di Bonagia
e S. Cusumano sulla costa sicula e
di Favignana e Formica nelle Egadi.
Su Favignana puntano respinti dai
bassissimi fondali tra Punta Marsala
e lo Stagnone e nel loro dietro-front
incontrano i « codardi »
della tonnara.
Molti, portati dalle correnti locali
prodotte dai venti, si dirigono verso
la tonnara di Formica. Favignana ne
attrae normalmente il doppio di Formica.
I bei pesci, ingenui e timidi, vedono
la trama delle reti come una lunga
parete invalicabile, nonostante in
realta esse siano sottili e le maglie
assai larghe, tali da poter essere
superate con estrema facilità
dalla loro forza.
Spinti dal bisogno di procreare, i
tonni nuotano in branco fianchecciando
il « codardo », poi la
costa di Favignana, fino al porto;
poco oltre trovano un secondo sbarramento
quasi perpendicolare alla costa (vedi_disegno)
Ormai sono in trappola: di camera
in camera il Rais darà ordine
di aprire e chiudere le varie porte
facendo avvicinare sempre piu il branco
alla fatale camera della morte, lasciando
libero il faratico per l'ingresso
di altri branchi.
V'è un uomo, sempre appostato
su una barca sopra la porta della
tonnara, che, con una lenza in mano,
« sente » dal numero dei
fremiti quanti tonni sono entrati
e lo comunica al Rais.
La gente aspetta con impazienza. Quando
gli sembra che il numero sia sufficiente
e le condizioni del tempo e del mare
siano buone, il Rais ordina per la
mattina successiva all'alba la mattanza.
E' intatti necessario che il mare
sia calmo perchè le barche
di tonnara, studiate per le loro particolari
funzioni, non sopportano l'ondeggiamento;
la decisione viene quindi presa fiutando
il vento e le correnti e poi confermata
la mattina stessa alla ciurma.
Un tempo, fino al governo di Rais
Mercurio, barche e ciurma restavano
in mare ogni giorno dalle 3-4 del
mattino e il raìs ordinava
la mattanza in qualunque momento ritenesse
opportuno; se ne potevano fare diverse,
fino alle 3 del pomeriggio, ora in
cui veniva ordinato il rientro.
Oggi tutto è cambiato: si fa
una mattanza al giorno. Rais Mercurio
scuoteva il capo severamente, dicendoci
che il pesce va preso quando Dio lo
manda e che come entra nella tonnara
cosi può anche uscirne se non
si è lesti a catturarlo. E
infatti era il tempo delle pesche
miracolose...
E' l'alba. Gli uomini si radunano
alla spicciolata contro i muri dei
magazzini, ognuno col suo fagotto
per cambiarsi dopo la pesca e con
qualcosa da mettere sotto i denti.
Arriva l'ordine di imbarco ed essi
salgono all'arrembaggio in un apparente
caos fra lazzi e richiami, quasi che
scherzando volessero sdrammatizzare
la tensione di mesi di attesa di quest'unico
momento.
Con eccezionale perizia nel maneggio
di funi e ramponi, le nere barche
si legano l'una all'altra e tutte
vengono prese a rimorchio da un unico
barcone_a_motore
che ronza verso il largo componendo
la processione di tutti quei vascelli
di morte.
Giunti al palo_di_San_Pietro
la sciabica del Rais si ferma e tutti
si fermano:
il capo si toglie il berretto imitato
dalla ciurma; un gran silenzio cala
sul mare e la voce del rais intona
le preghiere dl sempre:
Un Credo o Signuri,
Una Salve_Regina
a Maronna ri Trapani... »
Gli uomini rispondono con le preghiere:
« ... nna Reca Materna all'armiceddi
santi priatori rì nostri morti
'.
« Chi Diu lu facissi! »
rispondono i tonnaroti.
Poi il rais conclude : « Bongiorno
a tutti! » e si rimette il berretto
in capo.
Si riparte: sul mare boe e cavitelli
disegnano lo schema del « corpo
». Ogni barca sa qual è
il suo posto e il suo compito; osservando
gli uomini si ha chiara l'evidenza
che essi compiano operazioni secolari,
perfettamente unificati alla tradizione:
ogniuno di essi è il tonnaroto
eterno.
Con movimenti lenti e precisi la ciurma
manovra in modo che le tre camere:
bordonaro, bastardo e della morte
siano in comunicazione tra loro perché
il pesce possa affluire tutto verso
quest'ultima: l'attesa dura da mezz'ora
ad alcune ore.
Occhi scrutano il movimento del branco
dalle finestrelle della barca o dai
bidoni col vetro sul fondo; il sommozzatore
svolge il suo compito di pastore subacqueo;
il silenzio è rotto solo da
qualche battuta scherzosa, ma a un
tratto tutto si risveglia e si galvanizza
intorno a una voce che annuncia l'avvenuto
passaggio dcl tonno nella camera della
morte.
Le barche si dispongono in quadrato
lungo il perimetro: le medie ai lati
maggiori, un vascello più grande
chiude il lato di ponente e gli uomini
fissano saldamente i bordi della rete
con carrucole alla fiancata. Frattanto
il vascello maggiore si sarà
portato all'altezza del quarto lato
della camera della morte e, al grido
del rais « Assumma! »
e, oltre_quaranta_uomini_in_piedi_sul_bordo
cominciano a issare la porta della
camera con la maggiore rapidità
possibile. A mano a mano che tirano
in sincronia la rete, il vascello
avanza a chiudere il quadrato magico
della mattanza.
Il Rais, sulla sua sciabica guidata
da due assistenti, si e portato al
centro del quadrato verso tre quarti
di ponente; la sciabica viene assicurata con due funi
ai lati nord e sud.
Il Raìs ha indossato un pesante
impermeabile di gomma nero ed ha il
capo coperto da un cappuccio: più
che mai egli sembra ora un sacerdote
di strani riti; per sovrastare le
grida ed il vociare degli uomini che
si fanno sempre più assordanti
egli impartisce gli ordini con un
fischietto e con ampi, solenni gesti
delle braccia.
Alle sue spalle gli uomini si danno
da fare a fissare saldamente le orecchiette
» della camera della morte,
cioè i due angoli del quadrato
contro cui fra poco si scaglieranno
i tonni in un disperato tentativo
di fuga.
Ora il quadrato, o « castello
», è quasi completamente
chiuso; gli uomini del vascello della
morte, mentre issano sincronicamente
la rete, sono sempre più pervasi
dalla tensione e dalla brama della
prossima strage: grida e urla di incitamento
salgono dai bordi della loro fatica
come un liquido in ebollizione che
prema contro un coperchio ai limiti
dell'esplosione. E' un momento di
alta drammaticità in cui il
Raìs sembra essere, nella sua
solenne calma sacerdotale, l'unico
garante dell'umano dall'erompere dei
piu bassi scatenamenti dell'istinto
e della violenza; ma è necessario
che si stabilisca ora nella ciurma
l'altro polo di garanzia, affinchè
si determini un campo in cui le forze
vengano incanalate e dominate. Perciò
è a questo punto e non prima
che si leva la voce solista del «
cialomatore » e, come per incanto,
tutto quel vociare convulso e scomposto
viene assorbito in un grande coro
potente. L'analogia con la musica
di Orfeo che placa le belve è
trasparente; e l'eterna funzione del
canto che nasce e rinasce dal popolo
come incanalamento della fatica o
degli istinti o dell'oppressione.
Le «Cialome»
sono tra i piu bei canti popolari.
La prima ad essere intonata d'«
a voce » è
Aja
Mola, aja mola!
che secondo alcuni significa «
Forza, moro! », e secondo altri
Allah, che muoia! »; si tratta
di un antichissimo motivo decisamente
arabo il cui ritmo accompagna il movimento
dei pescatori che issano la rete,
mentre le parole sono una specie di
litania a Gesù Cristo, alla
Vergine, a S. Giuseppe perche proteggano
i tonnaroti e consentano una buona
pesca.
Quando il ritmo della « leva
» si fa piu veloce e incalzante
e già i tonni si intravedono
guizzare spaventati, « a voce
» cambia a sua volta il ritmo,
intonando il battente Nianzò,
così simile ai ritmi dei clan
negri, nel quale fra il solista e
il coro si stabilisce un serrato richiamo
ai motivi più disparati della
dura vita di mare, dagli assalti dei
saraceni alle vicende di pesca, agli
amori, fino a coinvolgere «
San Petru piscaturi » nella
speranza per il buon esito della pesca.
« Assuma! Assuma! » gridano
i tonnaroti. Se il pesce sott'acqua
appare numeroso essi ritornano_festanti_a_cantare_lina_lina,
ove però ora Lina non è
più la giovanetta vergine e
senza dote da maritare,ma viene designata
come una figlia ricca, con bella dote,
pronta da cogliere.
Ma ecco, ormai, il « coppo »
o « leva » - cioè
alla rete di fondo della camera della
morte - e a pochissimi metri dalla
superfice; i tonni impazziti cominciano
a fendere l'acqua con le argentee
pinne e le code in un carosello angoscioso.
« Spara a tunnina! » si
grida. E inizia il momento selvaggio
del maremoto prodotto da quelle povere
creature senza piu scampo, che si
dibattono in mancanza della profondità
marina per cui sono nate alla ricerca
disperata d'una via d'uscita.
Ogni canto si spegne entro il fragore
di mareggiata che il tonno produce
nei suoi spasimi.
Urlano esaltati e intanto si armano
dei terribili arpioni: si dispongono
in quattro o cinque gruppi di otto
uomini ciascuno, entro il bordo del
vascello, una stretta trincea
Le bestie si accavallano ora in pochi
centimetri d'acqua, dandosi terribili
colpi di coda, massacrandosi a vicenda,
lanciandosi contro gli angoli della
camera della morte.
Gli uomini urlano esaltati e intanto
si armano dei terribili arpioni: si
dispongono in quattro o cinque gruppi
di otto uomini ciascuno entro il bordo
del vascello, una stretta trincea
chiamata « stirato ».
Ogni_gruppo
si dispone in doppia fila di Quattro_uomini:
i primi due, gli « arringatori
»sono armati di arpioni corti
(cm 90) - i « crocchi d'arringare
» - coi quali afferreranno per
primi il tonno all'altezza della testa;
subito i secondi due, armati di e
« crocchi » lunghi e (m
2), arpioneranno il pesce più
in basso; poi la terza e la quarta
coppia, finchè la bestia resterà
in_bilico_sul_bordo
E allora gli arringatori, lasciato
il « crocco », ne afferreranno
le pinne dorsali e con un ultimo strattone
faranno precipitare il tonno all'interno
del vascello, alle loro spalle.
Ma il Rais non ha ancora dato l'ordine
della mattanza: egli aspetta che i
pesci, nella loro disperata agonia,
si siano semiuccisi tra loro a colpi
di coda e che la mancanza di ossigeno
ne diminuisca la tremenda forza.
E infatti gli spruzzi e le colonne
d'acqua, che si levavano fino a 4
- 5 metri d'altezza, a poco a poco
si smorzano; alcuni tonni ormai si
rivoltano a pancia all'aria, le bocche
spalancate, gli enormi occhi vitrei.
Gli uomini sono sempre più
eccitati, a mano a mano che il_sangue_comincia_a_tingere_l'acqua.
Sul grande frastuono di urla e di
spruzzi e di tonfi si ode allora,
lungo e lacerante, il fischio del
Rais che ordina la mattanza finale.
Con un grido poderoso gli uomini protendono
fuori bordo i loro tremendi uncini.
I primi tonni vengono agganciati dagli
arringatori e poi dai crocchi lunghi;
le carni vengono lacerate e tutto
il residuo di vita delle bestie si
scatena in un pazzesco dibattersi
di code potenti come magli che schioccano
nell'aria e nell'acqua con colpi secchi.
Il sangue ora scorre e spruzza a fiotti:
i tonnaroti, il mare, le reti si tingono
di un rosso rubino. Grida strozzate
dallo sforzo danno la dimensione di
uno scatenamento primitivo, d'una
lotta selvaggia. Le bellissime sagome
affusolate dei pesci scintillano per
un attimo al sole in bilico sulla
sponda dcl vascello e poi scompaiono
nell'urlo degli arringatori dentro
il ventre della barca che frattanto
risuona dell'ossessionante tam-tam
degli ultimi disperati colpi di coda
dei morenti. Il raìs, sempre
ritto e calmo nella sua barca al centro
della strage, dirige a braccia alzate
la mattanza emettendo a intervalli
regolari lunghi e fermi fischi che
sembrano le trombe del Giudizio.
Non si ha il tempo del disgusto e
nemmeno di stare male: in tutto quel
finimondo c'è, nonostante tutto,
un che di epico, di grandioso, di
ineluttabile che attanaglia dentro
e rende partecipi di quella battaglia
furibonda tra la vita e la morte.
Le grida strozzate : Unooo e... due!
con cui gli arringatori si aiutano
a dare l'ultimo colpo ai tonni più
grossi punteggiano l'avanzare della
carneficina. Nè c'è
differenza fra l'espressione stravolta
dei volti umani contratti nello sforzo
e nella passione ed il disperato dibattersi
di trecento e più chili d'argento.
Il tutto dura fino all'ultimo tonno,
mientre pare che il mondo intero sia
concentrato col fiato sospeso in quel
microscopico quadrato di mare non
piu glauco, ma rosso, tremendamente
rosso.
Infine l'ultimo bellissimo fuso d'argento
piomba nel vascello. Allora cli uomini
si fermano e si guardano per un breve
momento; quindi il Raìs fischiando
e agitando le braccia dà il
segnale della fine della mattanza.
Di colpo si molla il coppo e la spessa
e robusta rete di fondo della camera
della morte scompare rapida in mare
risucchiandovi il sangue:l'acqua torna
subito azzurra.
I tonnaroti si tolgono il berretto
e gridano in coro: « E sempri
sia luratu u nomu di Jesu! ».
Gli_ultimi_smorzati_colpi_di_coda_si_spengono
nel vascello carico di morte.
E un silenzio profondo avvolge la
tonnara, mentre le barche si districano
dal magico quadrato e in fila indiana
si dispongono a seguire il vascello
che per primo, in testa, viene trainato
allo stabilimento.
Il funerale delle nere sciabiche e
mosciare si snoda assai lento, un
uomo copre il carico del vascello
con un gran telone bianco.
Ci si accorge, soltanto ora, che c'è
ancora il sole e il mare immenso e
Levanzo lì vicina e la stanchezza
si insinua nei muscoli e nella mente
come un bicchiere di vino.
Tratto dall libro EGADI,MARE E VITA
MURSIA Editore
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