I Faccialati

 

È una parola che deriva dal dialetto siciliano facciali: arnese di panno che messo in testa serviva per coprirsi il volto e non essere riconosciuto, quando si doveva derubare qualcuno per strada. Ma per essere definiti tali, bastava anche un cappellaccio in testa o un fazzoletto che coprisse mezzo volto, oppure un cappotto con il bavero alzato; il resto lo faceva il buio con l'angolo della strada. Una situazione di questo tipo fa paura ancora oggi a chi si ritira in casa tardi, specialmente in una sera d'inverno, in qualunque posto si trova! La presenza a Favignana di libici e albanesi deportati acuì il fenomeno. Gli albanesi potevano muoversi liberamente o comunque senza tanta difficoltà, in quel periodo nell'isola si incrementò il già esistente fenomeno dei faccialati, dovuto sicuramente alla disperazione di alcuni di questi deportati (non è da escludere che anche altri, magari qualche favignanese, agissero in questo modo per mancanza di denaro; la parola faccialati è siciliana!). La corrente elettrica arrivò nel 1925, perciò alcune strade erano illuminate con i lampioni a petrolio, molte erano buie e per niente sicure visto il periodo che attraversava l'isola.. Il racconto che segue mi è stato raccontato da mia madre, che a sua volta lo aveva saputo dai suoi genitori (lei era nata nel 1918). La sera la gente se ne stava volentieri a casa mettendo 'u firriggiaru (il ferro nella porta), i faccialati, vengono ricordati soprattutto con i baffoni, ed una mantella. Qualcuno (dicono) i vecchi girava per le strade armato di cutiddina (coltello,) oppure si metteva 'o passu cioè aspettava il malcapitato all'angolo della strada, capitava anche che si formasse un gruppo di tre quattro faccialati. In questo caso la faccenda si faceva davvero grave, ma non a caso chi poteva usciva in compagnia proprio per poter meglio affrontarli. La famiglia di mia madre abitava in piazza Sant'Anna. Una sera uno dei suoi fratelli, mentre si faceva la barba si accorse che c'era la porta socchiusa vide in tempo la presenza minacciosa di un faccialatu e si precipitò ad inserrarla, non dicendo niente ai genitori per non preoccuparli. Altri due suoi fratelli più adulti uscivano sempre insieme, per andare la sera in piazza, o per andare a ballare in qualche casa privata. Una sera, uscendo di casa, attraversano via G. Pascoli ed imboccano via U. Foscolo, tuttora un budello lungo e stretto, con un muretto che costeggia tutta la stradina perché confina con una vecchia cava giardino. I due giovanottoni mentre camminavano, fumavano e progettavano cosa fare durante la serata. Dove la stradina s'incurva furono fermati da tre loschi individui che gli chiesero di mollare tutto quello che avevano in tasca, finì a timpulati (a schiaffoni), i due si seppero ben difendere e buttarono giù nel giardino i tre faccialati. I favignanesi non ne potevano più, perché quasi tutte le sere erano timpulati! Poteva diventare pericoloso quando si era soli. Fu un brutto periodo tanto che ancora adesso se ne parla e davanti una brutta serata esistono espressioni tipo: mamma mia che sera da faccialati ! Se una sera d'inverno s'incontra un amico tutto imbacuccato gli si dice: mi sembri un faccialatu, oppure: guarda che non è più tempo di faccialati! È tramite queste battute che esiste ancora la "storia" dei faccialati. Non appena un ragazzo in casa o al bar sente parlare di questi personaggi, chiede dei chiarimenti, subito gli vengono dati e la storia continua. Che i nostri vecchi ci abbiano raccontato la verità non c'è alcun dubbio, perché in paese tutti ne hanno sempre parlato!

 

 

Dal libro di Michele Gallitto "Egadi Ieri ed Oggi"