Il soggiorno obbligato Prima di scoprire la sua vocazione turistica, ossia fino all'inizio degli anni 1970, Favignana era un'isola di pescatori, contadini, tagliapietre, operai, artigiani e guardie carcerarie. Se ad un Favignanese, andando a Trapani o in provincia, capitava di parlare con qualcuno, soprattutto con gli anziani, poteva sentirsi dire: Di unni si? (Di dove sei?) - Di Favignana.- Ah! Di l'isula ri cuatti! (Ah! Dell'isola dei coatti!) Un tempo, l'atto di spedire con la forza le persone sgradite al potere in luoghi lontani dal paese d'origine fu definito domicilio coatto. Durante il fascismo, fu sostituito con il confino di polizia (1926). La Repubblica lo sostituì con il soggiorno obbligato (1956). Nell'800 esisteva un detto che diceva: è cambiato il maestro di cappella, ma la musica (ahimè!) l'è sempre quella."° A metà degli anni Settanta, erano stati spediti a Favignana due condannati al soggiorno obbligato (che, per gli abitanti, sempre coatti erano). Essi abitavano in una casa presa in affitto e potevano girare liberamente. È stata grande la rimostranza dell'amministrazione comunale e della popolazione. Si era capita oramai la svolta storica che pian piano stava compiendo Favignana, con le sue sorelle Marettimo e Levanzo, ossia la scoperta della vocazione turistica. Tutt'oggi capita che, se uno "straniero" decide di fermarsi per sempre a Favignana, possa essere ritenuto un coatto in incognito. Tanto è ancora impregnata la mentalità di alcuni isolani, anche tra i più giovani, riguardo alla più antica vocazione dell'isola. Ricordo ancora bene quando, una sera d'estate degli anni Settanta, in piazza Madrice il cantautore Pino Masi iniziò il suo spettacolo denunciando il rischio che l'isola potesse diventare un intero carcere (si riferiva alla decisione di trasformarlo in super carcere). Da parte di molti ci furono urla e fischi indirizzati al cantautore, tanto che i carabinieri lo invitarono a lasciare il palco e lo spettacolo venne interrotto. Caso unico nella storia degli spettacoli di piazza a Favignana! Masi, pur avendo avuto coraggio, fece un grave errore di valutazione; non rifletté abbastanza per capire che proprio per "scelta strategica" moltissimi vardiani (guardiani, agenti di custodia) sono favignanesi. Alcuni di loro hanno seguito le orme del padre; anzi capita di vedere padre e figlio in servizio nello stesso carcere. In quel periodo ricordo che un maturo agente aveva con sé tre figli arruolati nello stesso carcere, mentre lui non era ancora andato in pensione! E, da quando è stato chiuso lo stabilimento Florio, il carcere è l'unica "azienda" che dà lavoro a tanti, senza che mai vada perso un mensile, che viene speso sul posto. Non conoscendo l'ambiente, impregnato da secoli di una cultura carceraria, Masi fu salvato dall'intervento dei carabinieri, che lo invitarono a scendere dal palco e, prendendolo in custodia, gli evitarono guai peggiori. Fino a poco tempo fa, i detenuti del carcere di Favignana andavano a lavorare presso un altro comparto staccato, per eseguire lavori artigianali. Anni fa lavoravano l'orto in via Trapani (il posto era detto E Celle) e andavano poi a vendere gli ortaggi alle botteghe, accompagnati da una guardia. A volte andavano nelle case private per aggiustare i mobili. I detenuti hanno aggiustato anche qualche strada, persino il vecchio campo sportivo situato dietro lo stabilimento. Alcuni hanno lavorato in campagna. Negli anni '50 due detenuti erano fuggiti dal carcere, ma vennero ripresi poco dopo. Uno di questi era stato trovato nel "giardino" di Mazzarese, proprio sotto le mura carcerarie! Favignana l'isola dei coatti
Dal libro di Michele Gallitto "Egadi Ieri ed Oggi"