I Pallavicino Le Egadi cominciarono a popolarsi stabilmente quando le famiglie nobiliari che le possedevano, volendo sfruttarne le potenzialità economiche (a cominciare dai redditizi diritti di pesca), favorirono gli insediamenti stabili sulle isole, provvedendo anche all'ampliamento delle fortificazioni esistenti. Il castello di San Giacomo venne praticamente rifatto nel 1498: munito di un ponte levatoio e circondato da un fossato, il castello ospitava 12 soldati, un castellano, un cappellano, un artigliere con l'aiutante e le rispettive famiglie. Tra il 1488 e il 1506-7 divenne barone di Favignana Andrea Riccio o Riccioli, sostituito intorno al 154344 da Francesco Riccioli, che fu anche capitano di giustizia a Trapani. Dopo alcuni anni questo feudo venne concesso a Nicolò Gentile, che nel 1568 lo vendette a Francesco Ferdinando d'Avalos, marchese di Pescara, con la possibilità di pescare il tonno e l'abbondante corallo che si trovava nel mare egadino. Nel 1590 il vicerè spagnolo concesse i diritti dell'isola ai baroni Filangeri. Nel 1616 l'isola passa a don Alonso Perrera di Trapani. Nel 1634 le isole "Favignane, Formicularum, Levanzi et Maretimi" con le due tonnare già operanti, furono concesse in gabella al savonese Giacomo Brignone. Si presume che le prime cave di tufo abbiano avuto inizio in questo periodo. Il 16 dicembre 1637 la Regia Corte di Sicilia cedette in vendita a titolo allodiale le isole Egadi al genovese Camillo Pallavicino, che le acquistò per 500.000 scudi.62 In realtà, i Pallavicino ottennero l'investitura come contropartita di ingenti anticipazioni finanziarie concesse alla corona spagnola. Il re Filippo III eresse le Egadi a "contea" sotto il titolo di Favignana. Angelo Pallavicino ottenne così il titolo di conte di Favignana. La nobile casata genovese, il cui stemma si può ancora ammirare sopra l'ingresso principale della chiesa Madrice a Favignana, possedette l'arcipelago per oltre due secoli, gestendone lo sviluppo demografico ed economico. Con i Pallavicino, Favignana avviò infatti un graduale popolamento, soprattutto ad opera dei pescatori-tonnaroti che si stanziarono nell'isola. Dal 1675 cominciò una vera colonizzazione dell'isola, con l'avvio di un "piano agrario" e l'introduzione del bestiame. Si costruirono stalle per capre, ripari per le barche e, soprattutto, case. Il castello-fortezza di Santa Caterina, che dominava l'isola di Favignana, venne ristrutturato nel 1655 per renderlo più efficiente. E a Marettimo, sul promontorio di Punta Troia (116 m. di altezza), gli spagnoli abbatterono la torre saracena per costruirvi un castello, che veniva rifornito di armi provenienti da Trapani tramite gli schifazzi (allora chiamati ancora schifi). Ma più che per la difesa da pericoli esterni, le fortificazioni delle Egadi servirono sempre più, da allora, come luoghi di pena per i rivoltosi e i condannati. Nel 1697, dopo la rivolta popolare di Palermo contro i dominatori spagnoli, i cospiratori vennero rinchiusi nel castello-fortezza di Punta Troia a Marettimo. La difesa delle isole spettava alla corona, che vi fece arrivare i soldati spagnoli con l'artiglieria; mentre la giustizia era amministrata dal proprietario delle isole. Nel 1688 arrivò un notaio, il sindaco, il capitano di giustizia, il carceriere, l'addetto al fisco, tre giurati. Seguirono poi il giudice e due preti (uno per tonnara), che dovevano benedire le reti e gli attrezzi della tonnara, ma dovevano pensare anche alla salute dei tonnaroti, perché non c'era un medico. Tra i primi preti venuti a Favignana (anch'essi pagati dai Pallavicino), si ricordano don Angelo Malato, don Antonio Argenteri, don Antonio Mannone. Dopo la morte di Angelo Pallavicino (25 maggio 1698), divenne conte di Favignana il nipote Giuseppe Maria (27 aprile 1699), che sposò Livia Centurione e fu padre di Giovan Luca, investito della contea di Favignana il 23 luglio 1727. Per far la guardia contro i pirati, Marettimo era abitata da un gruppo di soldati e poche famiglie. All'interno del castello venne costruita una chiesetta, dove gli abitanti (una sessantina) potevano andare a pregare e a sposarsi. I Pallavicino sfruttarono soprattutto l'abbondanza di legname dell'isola. Con la fine delle scorrerie saracene, si cominciò a formare il paese. Le prime famiglie che hanno abitato l'isola si chiamavano Aliotti, Spataro, Maiorana, Arancio, Duran, Sercia, Cocco, Tedesco, Mercurio, Carriglio, Li Volsi, Campo, Torrente. Alcune di esse provenivano da Favignana, altre dalla Sicilia o dalla Spagna. Il primo cimitero fu costruito nel 1800 (quello attuale, detto dei "Calaccioni" risale al 1895). Anche Levanzo rimase praticamente disabitata, ma i Pallavicino vi fecero piantare un vigneto di oltre novemila piante, avviandovi così una produzione vinicola, poi proseguita dai Florio. Diversa fu invece la sorte di Favignana. Quell'arida pietraia, come fu definita, divenne un luogo abitabile ma, per bonificarne e coltivarne il terreno, furono abbattuti molti alberi. È possibile che a spietrare l'isola siano stati in gran parte anche i forzati di castel San Giacomo, perché in quel periodo i grossi proprietari terrieri potevano usufruire con facilità di manodopera carceraria. Fu così che si poterono realizzare, pietra dopo pietra, i tantissimi muri a secco, diventati una delle caratteristiche dell'isola, che fungono anche da confine tra un terreno e l'altro. Poi hanno continuato "l'opera" i coatti dell'unità d'Italia." Liberare i terreni dalle numerose pietre fu un'operazione certamente lunga e faticosa, rimasta nella memoria collettiva come una maledizione: ancora oggi, per augurare una punizione a qualcuno, si usa dire: ti mannassi a spitruliari a muntagna (ti manderei a spietrare in montagna), oppure ti mannassi a cogghiri petri! (ti manderei a raccogliere le pietre). Dopo aver spietrato quell'arido terreno e aver resa la terra adatta alla semina e al pascolo, la famiglia Pallavicino chiamò tante persone (trecento capi famiglia) da altri luoghi per popolare l'isola. Racconta Cataliotti nelle sue memorie su Favignana: "Nel 1 700 venne in Favignana da Caltanissetta certo Antonio Li Volsi con 4 figli. Andrea, Mauro, Stefano, e Michele, appassionato coltivatore ed ebbe censito dal Marchese Melchiorre Paolo Girolamo Pallavicino tutta la contrada della Piana. Impiantò macchine per attingere acqua, piantò alberi fruttiferi e l'isola abbondò allora di verdure, cereali, granturco, cotone ecc. Venne poi la famiglia Canino (in origine Hanino) dalla Spagna, che ottenne il censimento di una parte della contrada Bosco, dove piantò vigneti, fichi d'india, ed altri alberi, coltivandovi pure cereali." Nel 1764 venne costruita la chiesa Madrice a Favignana, che coronò il popolamento dell'isola, e nello stesso periodo venne concessa in affitto dai Pallavicino la prima taverna-spaccio, che fu la prima putìa (bottega) di Favignana!65I1 vino veniva dalla vigna di Levanzo o dal "Bosco" di Favignana, che era stato Nel passato, il lavoro dei prigionieri era previsto come sanzione punitiva aggiuntiva, che rendeva un utile allo Stato od ai privati cui lo Stato riteneva di offrire particolari privilegi in ricompensa di determinati servigi. Cfr. "La grande scommessa", la voce del detenuto, direttore dott. Egidio Pozzi, Tip. Stabil. Penali di Porto Azzurro, gennaio 1963. precedentemente sradicato per piantarvi una vigna e sfruttarne il terreno per il pascolo. Le isole furono date in gabella dai Pallavicino a diverse persone. Risultano infatti essere state date in affitto successivamente a Paolo Geronimo Molfino di Genova, a Francesco del Bono, a Francesco Ceppone, ai fratelli Tipa di Trapani, a Pietro Giovanni Vanasco, al principe di Paceco. A Favignana la tonnara era ormai consolidata da tempo. Vi erano anche un bosco, alcuni pozzi, molti magazzini per la tonnara, un forno, una vigna e i pagghiara (pagliai) per le ciurme. A Marettimo vi erano due scali, un pozzo, una cala dedicata a San Simeone, che veniva sfruttata per la legna. Le prime famiglie di Levanzo si chiamavano Campo, Bevilacqua, Incaviglia, D'Angelo; alcune provenivano dalla Spagna, altre da Favignana. A Formica le prime costruzioni sono del 1648: tre stanze con forno, un paio di magazzini per la tonnara, una cisterna per l'acqua. Giacomo Brignone vi fece costruire una torre-castello di avvistamento. Con la fine del sistema feudale in Sicilia (1812), cominciò la decadenza della famiglia Pallavicino nelle Egadi. Favignana, Chiesa Madrice, stemma dei Pallavicino.
Dal libro di Michele Gallitto "Egadi Ieri ed Oggi"